Olivadi a metà del settecento - Catasto Onciario - Associazione Culturale Olivadese

Vai ai contenuti

Menu principale:

Olivadi a metà del settecento - Catasto Onciario

(di Luigi Fusto, "Calabria Letteraria Editrice" , maggio 2007)

INDICE

Presentazione
Renato Vito Puntieri, Sindaco di Olivadi

Prefazione
Daniele Tommaso Mellace

Premessa

Capitolo I.
Catasto e riforme nel Settecento meridionale

Capitolo II.
Onciario di Olivadi propriamente detto: le rendite in once

Capitolo III.
L’Onciario propriamente detto (continua): le tasse, le collettive, il bilancio. Le vertenze dell’Università per l’applicazione delle tasse

Capitolo IV.
Demografia – Attività produttive – Censi – Rendite e rapporti sociali

Capitolo V.
I nomi e le storie

Appendice.
I luoghi Pii di Olivadi nelle Liste di Carico della Cassa Sacra (anno 1790)

Bibliografia

Indice delle tavole e delle illustrazioni

 

(…) ogni storia (…) è in primo luogo storia “interna”: storia degli uomini e delle donne che si sono costruiti in rapporto tra loro, con la natura,con il territorio in cui hanno abitato.
Augusto Placanica
Da: Storia della Calabria dall’antichità ai giorni nostri (1993, risvolto di copertina)



Alla fine dell’Ottocento, trattandone brevemente su Napoli Nobilissima, Nunzio F. Faraglia affermò che parlare del Catasto onciario sarebbe stato come portare acqua alla fontana.
Oggi a distanza di oltre un secolo, si potrebbe tranquillamente sostenere che si vuol portare acqua al fiume. Ma forse non è proprio così.
Le brevi ma acute osservazioni del Faraglia si inserivano nel filone di studi sul catasto onciario carolino, che ne sottolineavano – sul piano essenzialmente storico – l’impianto riformista e gli esiti complessivi: in poche parole ne analizzavano la portata generale nell’ambito del riformismo borbonico settecentesco e nello specifico campo economico-finanziario attuato nel Regno di Napoli.
Durante il secolo trascorso, l’interesse verso gli studi del Catasto carolino si è esteso naturalmente anche nell’ambito dell’indagine storico-sociale ed in quello più articolato della storia locale (o, se si vuole, delle storie locali), potendo oltre duemila comunità meridionali attingere ad un documento di grande importanza per la loro micro-storia a metà del Settecento (altrettanti sono all’incirca i Catasti onciari, più o meno completi, conservati nell’Archivio di Stato di Napoli e, in misura assai inferiore – direi poco significativa –, in quelli provinciali e comunali).
Per restare alla nostra regione, non è d’altronde senza ragione che l’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia abbia deliberato qualche tempo addietro, su proposta dell’Assessore alla cultura professor Giuseppe Ceravolo, l’acquisto dei Catasti onciari di tutti i comuni della provincia, affidando la realizzazione di una ricerca con relativa pubblicazione al professor Roberto Guarasci dell’Università della Calabria. Nella provincia di Cosenza numerose sono le pubblicazioni sull’argomento, a cominciare da quella classica su Calopezzati della professoressa Franca Assante, per finire a quelle più recenti su Crosia, su Paludi e su San Sisto; ed altre ci risultano in preparazione. Per la provincia di Reggio Calabria l’ultima in ordine di tempo ci sembra quella sul catasto di Gerace.
Non è possibile dar conto di tutti gli studi compiuti, specialmente appunto in questi ultimi anni, sui catasti onciari di singoli comuni, studi verso cui riconosciamo dei debiti, avendo spesso preso ispirazione dagli stessi per la stesura di questa pubblicazione.
Ma è ancor meno possibile non dar conto del fatto che il maggior contributo per dare sistematicità a questi studi, venne da due seminari voluti dal nostro compianto conterraneo professor Augusto Placanica tra il 1979 ed il 1984, con relazioni di insigni studiosi, poi raccolte in due pubblicazioni del 1983 e del 1986, qui citate all’inizio della bibliografia.
Le due iniziative, quelle del professor Placanica e quella dell’Amministrazione Provinciale di Vibo, costituiscono risposta ad esigenze messe in evidenza già mezzo secolo addietro da Pasquale Villani. Questi, da un lato rilevava il particolare significato di ricerche condotte almeno per larghe zone territoriali (“Lavoro lungo e faticoso, che non può essere condotto da singoli ricercatori e che richiederebbe un sistema di organizzazione e di collaborazione”); e, dall’altro, si augurava che “almeno i docenti delle Università meridionali si mettessero d’accordo sul sistema di spoglio e di elaborazione [dei dati] sì da renderli utilizzabili da tutti gli studiosi” (1)
.  
La fotografia che viene fuori dal Catasto onciario di Olivadi non è – non può essere – del tutto fedele all’originale, per carenze sia oggettive che soggettive; ma offre uno spaccato della nostra comunità a metà del Settecento che in nessun altro modo sarebbe possibile mettere in luce.
La finalità di questa pubblicazione non è quella di fare delle statistiche ineccepibili ma, pur senza falsare i numeri, quella di tracciare un quadro attendibile della vita sociale ed economica della nostra comunità nell’epoca considerata.
Anche nella nostra “picciola terra”, peraltro, la ricerca potrà ancora offrire campi di esplorazione ricchi di interesse; ed anche da questa analisi potranno forse prendere spunto nuovi promettenti campi d’indagine.
Nessuno può naturalmente pensare di scoprire avvenimenti di chi sa quale portata: a noi basterà saperne di più su chi eravamo, cosa facevamo, come vivevamo nel nostro remoto mondo, minuscolo ma millenario.


Torna ai contenuti | Torna al menu